mercoledì 29 gennaio 2020

Una stanza piena di gente


È il 1977 quando nel campus della Ohio State University di Columbus sotto la minaccia di un'arma tre studentesse vengono sequestrate, derubate e violentate. La collaborazione fra polizia del campus e la Squadra Violenze Sessuali della polizia conduce a William Milligan, ventiduenne con qualche precedente rilasciato in libertà vigilata sei mesi prima identificato grazie a delle impronte parziali di dita e del palmo sulla portiera dell'auto della terza vittima. Ottenuto il mandato procedettero con l'arresto, nel suo appartamento oltre ad una pistola trovarono delle pagine strappate dalle agendine telefoniche delle vittime e per tutto il tempo Milligan tenne un comportamento quasi inebetito farfugliando fra se e se dichiarando di non ricordare quello che ha fatto.
William Milligan

Non di essere innocente, di non ricordare.
Continuò a ripeterlo in centrale ed a comportarsi in modo strano, quando lo trasferirono alla prigione mentre era sul furgone riuscì a sfilarsi le manette per poi mostrare autentica paura verso gli agenti uomini al punto di nascondersi tremante come un bambino dietro ad una poliziotta quando cercarono di prendergli le impronte. Ancora spaventato incontrò il suo avvocato d'ufficio Gary Schweickart e con aria imbarazzata e schiva gli chiese se poteva essere seguito da una donna, dopo averlo rassicurato l'uomo gli raccomandò di non parlare con nessuno fino a quando non avrebbero avuto l'incontro ufficiale fra qualche giorno e tornato in ufficio affidò il caso alla collega Judy Stevenson. Lo avrebbero seguito insieme. Durante i colloqui la Stevenson si accorse che sembrava di parlare con persone diverse, a volte Milligan era schivo con uno sguardo sfuggente e le spalle curve ed altre espansivo ed acuto con una postura dritta e sicura. Questo comportamento unito a tre tentativi di suicidio spinse gli avvocati a chiedere una perizia psichiatrica per tentare la carta dell'infermità mentale, fu durante una seduta con la psichiatra dell'accusa Dorothy Turner, che doveva verificare il referto dei medici della difesa, che emerse la verità: in Milligan coesistevano altre personalità, ognuna con la sua età, abilità e ruolo che si alternavano alla guida della coscienza. Prima di arrivare al processo ne sarebbero emerse dieci.
Sembra la trama di un thriller psicologico ed invece è la realtà, il caso di William “Billy” Milligan fu il primo nella storia degli Stati Uniti in cui la personalità multipla venne riconosciuta come malattia mentale, con questa diagnosi Milligan venne dichiarato innocente per infermità mentale per i casi di stupro e ricoverato presso l'Athens Mental Health Center.
Autore della biografia è Daniel Keyes, scrittore e laureato in psicologia racconta la storia in collaborazione con Milligan ricostruendone la vita con dovizia di particolari tramite documenti ed interviste, l'accordo fra i due prevedeva che ogni persona e luogo fossero riportati con i nomi veri fatta eccezione per le vittime dello stupro, altri malati mentali e i complici dei suoi reati passati che non erano stati incriminati.
Il libro si apre con un elenco dettagliato di tutte le personalità, fondamentale durante la lettura. Fra queste spiccano Arthur, un inglese freddo e calcolatore che si diletta nello studio di biologia e medicina, ed il serbo Ragen, che parla con un forte accento ed esperto di armi ed arti marziali. I due si dividono il “controllo” della coscienza a seconda dell'ambiente in cui si trovano, Arthur domina in quelli normali e Ragen in quelli ostili. E durante la terapia all'Athens Mental Health Center emersero altre tredici personalità raggiungendone così ventitré. Fra le varie personalità esisteva un patto di sincerità e collaborazione per poter sopravvivere, impararono presto a rispondere tutti al nome di “Billy”per non essere giudicati pazzi e l'onestà era indispensabile poiché quando una assumeva il controllo della coscienza le altre potevano essere tagliate fuori e soffrire di vuoti di memoria più o meno lunghi. Fu quando alcune di queste non rispettarono le regole concordate che Arthur, in accordo con gli altri, le inibì tacciandole come indesiderabili.
È facile credere che potesse essere una messa in scena per evitare il carcere e rimane un certo legittimo scetticismo, però tenete presente che per orchestrare una cosa così contorta si deve essere molto intelligenti non solo per ingannare psicologi e psichiatri ma anche per ricordare tutti i dettagli delle varie personalità. Non solo il modo di parlare ma anche gli accenti, Arthur per esempio aveva un forte accento inglese, le posture e le abilità di ognuna di loro, come le conoscenze di elettronica e l'abilità di escapista di Allen, personalità che più spesso interagisce con l'esterno. Se fosse stato un simile genio Milligan non sarebbe stato arrestato così facilmente, e diciamoci la verità: sarebbe stato molto più credibile se avesse finto in modo più contenuto.
Comunque sarete voi a giudicare se si tratti di finzione oppure no quando leggerete la biografia, pubblicata da noi dalla Editrice Nord e se credete di trovarvi di fronte ad una noiosa raccolta di interviste e documenti vi sbagliate poiché l'autore ha mantenuto un ritmo degno dei migliori romanzi.


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