mercoledì 4 maggio 2022

Gekiman - Come ho creato Devilman

 


Questo fumetto del 2019 è l'ultimo realizzato da Go Nagai, come già spiega il titolo è un'autobiografia che parla della nascita e della realizzazione del suo capolavoro “Devilman” però attraverso gli occhi del suo avatar fumettistico, creato dall'autore appositamente per l'opera, Geki Nagai.
Geki Nagai e Akira Fudo
Nonostante avesse debuttato da appena quattro anni Nagai era già molto famoso e richiesto al punto che portava avanti ben 4 pubblicazioni settimanali, decise comunque di prendersi la responsabilità di una nuova serie per togliersi di dosso l'immagine di autore di manga comici creando una storia ricca d'emozioni e colpi di scena che potesse valorizzare la sua carriera. Senza storyboard o vignette preparatorie l'autore disegnava di getto e solo al momento della consegna delle tavole il redattore le accettava o cestinava, d'altronde se si considerano una media di 15/20 pagine per episodio ci si rende conto della mole di lavoro quotidiano che nonostante l'aiuto degli assistenti andava avanti fino a notte inoltrata. E questo senza contare pagine a colori, storie autoconclusive e lavori per serie animate come Mazinger Z e, appunto, Devilman. È un fatto noto anche se spesso messo in secondo piano, il progetto nasceva proprio come serie animata come una sorta di erede del manga “Mao Dante” del 1971, storia horror in cui un umano si fondeva con un demone, rimasta incompleta a causa della chiusura della rivista attirò comunque l'attenzione di un dirigente della Toei che chiese a Nagai di lavorare ad un eroe per una serie televisiva che ne riprendesse l'idea base e realizzandone il fumetto che sarebbe stato completamente slegato dalla serie. Approfittando del fatto che la rivista Shonen Magazine (su cui furono pubblicati “Rocky Joe” e “Cyborg 009”) al tempo era letta anche da studenti universitari e non solo da ragazzi Nagai creò
L'aspetto base era
quello di un 
pipistrello
qualcosa di completamente diverso, rese l'aspetto del protagonista più selvaggio e bestiale scrivendo una storia violenta con toni splatter.
Geki Nagai ci accompagna nella realizzazione degli episodi più significativi ed importanti mostrandoci il modo in cui pensava di realizzarle, le motivazioni di quelle scelte e le reazioni entrando in un periodo estremamente intenso dal punto di vista creativo. In più di un'occasione lo sentiamo dire della mole di lavoro e che si sentiva morire, proprio per questo decise d'interrompere alcune delle serie in corso, tale era la l'energia che gli richiedeva Devilman. Come si può immaginare redattori e responsabili non erano felici di veder concludere i fumetti di maggior richiamo delle loro riviste, soprattutto quando avevano fatto pressioni per farle continuare anche quando per l'autore la storia era considerata conclusa. Ciò fa riflettere su quanta libertà goda un autore, a volte leggendo un manga viene da dire che la storia viene tirata per le lunghe oppure interrotta troppo presto. E quanto fosse sfiancante il lavoro viene mostrato attraverso gli orari atroci con poche ore dedicate al sonno o anche solo al riposo, e se avete presente la mentalità nipponica sul lavoro avete il quadro generale di quanto fosse dura anche per un giovane.
Nagai si fa travolgere
dalla sua stessa storia
Viene data anche un'interpretazione dell'opera che sinceramente nelle varie riletture nel corso degli anni del fumetto non ho mai notato, Akira rappresenta i giovani, i primi ad essere coscritti e sfruttati durate un conflitto, rendendo “Devilman” una metafora della militarizzazione del Giappone. È fantastico scoprire nuove interpretazioni di una storia che si pensava di conoscere bene, da all'opera un valore aggiunto.
Mi piacciono molto questo tipo di storie in cui vengono mostrati i processi creativi degli autori, vedere come una semplice idea venga sviluppata evolvendo in qualcosa che porterà a scelte narrative ed artistiche ben precise può rivelarsi estremamente interessante. Mi piacerebbe una cosa simile anche per “Mazinger Z”.

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