
Titolo, anche un po' discutibile,
dell'edizione italiana del romanzo “The crack in space” del 1966,
uno dei meno riusciti della ricca bibliografia di un autore come
Phillip K.Dick. L'inizio è molto interessante, nel 2080 l'America è
gravemente sovrappopolata anche a causa dell'allungamento della vita
media, la differenza fra ricchi e poveri e marcatissima ed ormai da
molti anni il governo non riesce a trovare una soluzione migliore di
ibernare i cittadini in esubero in attesa di tempi migliori per
ricollocarli. Facendo parte delle classi sociali più povere composte
per la maggioranza dai “colorati”, abbreviati in “col” ed
identificativo di ogni cittadino dalla pelle di colore scuro, sono
loro stessi a chiedere di essere messi a dormire. D'altronde se
l'alternativa è l'indigenza e una vita di stenti non sembra una cosa
così brutta, se si è disperati addormentarsi senza la
preoccupazione di come riempire il piatto o pagare l'affitto non è
la peggiore delle prospettive ma questo si rivela solo un rinvio per
un problema che nel corso degli anni viene solo rimandato da ogni
governo facendoli accumulare anno dopo anno. Questa è sicuramente la
cosa che mi ha colpito di più ed offriva un'infinità di spunti
narrativi che però l'autore ha solo iniziato a sfruttare senza
approfondirli, tutto il romanzo è pieno di idee molto interessanti
che però si perdono lungo la narrazione quasi ne avesse perso di
vista l'insieme.